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Nel 2006 è stato riaperto al pubblico uno degli edifici più visitati di tutti gli scavi di Pompei: il Lupanare (dal latino “lupa” cioè prostituta) il bordello più famoso di tutta la città portato alla luce nel 1862.

A Roma e nelle città sotto il suo dominio la prostituzione era pratica molto diffusa e per questo legalizzata. Le donne che esercitavano questa professione non solo venivano registrate ma dovevano anche pagare una tassa. Inizialmente i lupanari potevano essere aperti solo la sera e dovevano essere costruiti obbligatoriamente fuori città. Alla fine dell’epoca repubblicana, però, i lupanari si erano diffusi talmente tanto che cominciarono ad essere costruiti anche all’interno dei centri abitati.

Il Lupanare pompeiano presenta piano terra e primo piano, ognuno con ingresso indipendente e collegati tra loro da una scala in legno su cui è stata trovata una porzione di pasta e fagioli mai consumata.

Il piano terra era riservato ad una clientela di basso rango: prevalentemente schiavi e liberti. È composto da cinque piccole stanze con porte di legno e letti in muratura. Il piano superiore, invece, era riservato ad una clientela più elevata, le stanza sono ampie e, probabilmente, erano arredate con letti in legno.

La maggiore attrazione dei turisti sono però gli affreschi che si trovano al piano inferiore. Sono dipinti al di sopra degli ingressi delle stanze del bordello e illustrano le diverse posizioni erotiche secondo uno stile molto popolare che aiuta a comprendere i comportamenti sociale e sessuali di quell’epoca.

Dato l’enorme afflusso di visitatori in ambienti così piccoli, nell’edificio è stato installato un sistema con sensori a raggi infrarossi per il rilevamento delle persone. Per non mettere a rischio la conservazione degli affreschi si è deciso di limitare l’ingresso a dieci visitatori per volta.