L’ultima Eruzione
L’ultima eruzione del Vesuvio risale al 1944 una data che viene considerata come la fine di un periodo eruttivo iniziato nel 1914. Da quel momento le esplosioni singole a condotto aperto cominciarono a formare un cono di scorie all’interno del cratere. A marzo del 1944 queste scorie avevano raggiunto un’altezza pari a 100 metri, innalzano il livello del vulcano stesso.
L’eruzione venne annunciata il 13 marzo di quell’anno, in piena Seconda guerra mondiale, quando il cono di scorie formatosi all’interno del cratere collassò.
L’eruzione vera e propria iniziò il 18 marzo con delle singole esplosione e con piccole colate laviche a sud e a est del vulcano. Immediatamente dopo altre colate laviche si fermarono a circa un chilometro di distanza dal comune di Cercola dopo aver invaso e distrutto i paesi di Somma, Massa e di San Sebastiano.
Il 21 marzo iniziò la seconda fase dell’eruzione che si manifestò con fontane di lava. A partire dal 22 la nube eruttiva raggiunse i cinque chilometri di altezza e sulle paresti del vulcano cominciarono a rotolare valanghe di detriti bollenti e nubi piroclastiche. Queste attività furono accompagnate da scosse sismiche che durarono fino al mattino successivo quando l’attività eruttiva si trasformò in emissione di cenere, prima scura, poi più chiara fino a cessare del tutto il 29 marzo del 1994.
L’attività eruttiva venne documentata dai cameramen dell’esercito americano che si trovavano a Napoli.
I paesi più colpiti dal deposito di materiale eruttiva furono Pompei, Terzigno, Angri, Nocera, Scafati, Poggiomarino e Cava. 12.000 residenti nei comuni di San Sebastiano, Massa e Somma furono evacuati. Napoli fu risparmiata. L’eruzione provocò la morte di 26 persone, la distruzione di due interi centri abitati e la perdita dei raccolti per i tre anni successivi all’attività vulcanica.
Dal 1944 il Vesuvio si è trasformato da “vulcano attivo”, con condotto aperto, a vulcano “dormiente” caratterizzato dal condotto ostruito.